ECONOMIA &LAVORO

 
 
 
Motorshow, la passione dei motori sfida la crisi
 
HOME DEL DOSSIER
Il salone
Le novità
Dossier 2&4 ruote

La piattaforma aggiusta i conti

di Paolo Guidelli Guidi

Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci

I costruttori hanno un mondo di opportunità davanti, ma un futuro immediato nero come raramente si è visto. Prezzi in compressione, nuovi investimenti in tecnologia "pulita", e ora la recessione che apre prospettive ancora peggiori. È un segno dei tempi che si discuta, in Usa e in Germania, se sostenere con fondi pubblici o lasciar andare in Chapter 11 la General Motors. Eppure la domanda globale continua a crescere, grazie ai Paesi emergenti.
I cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India, Brasile) oggi assorbono lo stesso numero di auto degli Usa, mentre solo nel 2005 la differenza era di dieci milioni di pezzi: 17 contro 7. Per questo si rimane nel settore: per la promessa di un mercato (auto nuove, usate, servizio, ricambi, finanza) che segue l'espansione del reddito. L'Imf prevede una crescita del parco auto mondiale dai 600 milioni di veicoli del 2005 a 2.9 miliardi nel 2050.
Ma intanto bisogna interpretare il nuovo scenario. Si stima che i costruttori europei abbiano perso circa 2.5 punti di margine operativo negli ultimi tre anni, sotto il peso di maggiori costi di materie prime, normative su emissioni e sicurezza, apprezzamento dell'euro, continuo accorciamento dei cicli di vita dei prodotti. La crisi di mercato catalizza e accelera alleanze produttive che potrebbero evolvere in una nuova ondata di fusioni.
Si moltiplicano comunque, nel breve, gli accordi per condividere piattaforme e unità produttive, con vantaggi di costi per economie di scala, razionalizzazione di componenti e miglior gestione della qualità, massima utilizzazione della capacità negli impianti più efficienti e più vicini ai mercati.
La maggior parte dei volumi e dei profitti dei costruttori europei proviene ancora dal mercato Ue, da qui viene il flusso di cassa necessario per attaccare i mercati emergenti. Perciò la gestione delle fabbriche europee prioritaria. Chi può saturare le fabbriche "in famiglia" riesce a compensare costi del lavoro e produttività altrimenti sfavorevoli. Chi no, si allea con altri, ma deve rispettare alcune regole per il successo.
Stampi e presse per produrre le piattaforme sono tra gli investimenti fissi più importanti nell'auto. Ridurre il numero di piattaforme è da decenni un caposaldo della strategia delle case di successo. Oggi il gruppo Volkswagen vende in Europa 1,2 milioni di vetture sviluppate sulla piattaforma Golf (e Tiguan, León-Toledo-Altea, Octavia, Audi A3), quasi 750mila dalla piattaforma Polo-Fox (e Ibiza, Fabia, Audi Tt), oltre 500mila da quella Passat (e Superb, Audi A4, A5 e Q5). E il risanamento del secondo gruppo europeo, Psa, ha fatto perno su un riordino centrato su tre piattaforme condivise da Peugeot e Citroën, accompagnato da una serie di accordi di produzione congiunta (con Fiat per Mpv e commerciali leggeri, con Toyota per la C1-107-Aygo, con Tofaš e con Mitsubishi).
Uno studio Natexis valuta in circa l'8% i risparmi ottenuti con la co-produzione di Peugeot 207 e 1007, nonché di Citroën C3 e C2 sulla Piattaforma 1 e di 307 e C4 sulla piattaforma 2. In questa chiave si legge anche l'accordo Fiat-Ford per la produzione della Ka sulla piattaforma della 500 nello stabilimento polacco di Tychy da cui esce anche la Panda. Anche Suzuki, nonostante volumi propri limitati, ha ottenuto costi competitivi nella fabbrica ungherese di Esztergom condividendo pianali e modelli con Fiat (Sedici) e Opel (Agila).
È chiaro però che condividere le piattaforme ha successo solo se, in primo luogo, si evita la banalizzazione del prodotto. Nel caso Cinquecento-Ka, la differenziazione fra i modelli è tale da permettere una coabitazione pacifica nel segmento B e "sub-B" – almeno fino alla fase di declino – mentre le prospettive di miglioramento dei margini in una fascia di mercato attenta al prezzo sono importanti per entrambi i partner.
L'approccio "brand-centrico" inaugurato in Vokswagen dalla gestione Piëch è ormai un caso di scuola: sviluppare una credibile e forte differenziazione fra modelli prodotti su una stessa piattaforma. Il cliente che compra una Audi A3 può essere consapevole che gran parte della sua vettura è meccanicamente identica a una Golf, ma non se ne lamenterà se linea, equipaggiamenti, motorizzazione, finiture, prestazioni oggettive e valore percepito del marchio lo convinceranno che ha comprato una Audi. È questa la ragione per cui anche le strategie distributive, di comunicazione e di servizio delle marche del gruppo di Wolfsburg sono tanto differenziate, e probabilmente potrebbero esserlo ancora di più.
Il punto è realizzare economie di costi senza compromettere il posizionamento di mercato.
È interessante notare come Bmw e Mercedes non si siano ancora spinte in questa direzione, nonostante l'evidente svantaggio dimensionale di cui entrambe soffrono rispetto a Porsche-Volkswagen-Audi.
Il grande successo reddituale della Porsche è dovuto anche ai risparmi di costo realizzati con la condivisione di pianali della Cayenne con Audi Q7 e Volkswagen Tuareg nella fabbrica di Bratislava. Mentre Bmw si limita a un accordo con Psa per i piccoli motori benzina, e con Gm e Daimler per gli ibridi; Daimler-Mercedes con Volkswagen per la co-produzione dei commerciali medi e con Ford per lo sviluppo delle fuel cell.
  CONTINUA ...»

Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-